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Il Vino Controguerra DOC è una vera e propria gemma dell’enologia italiana, nascosta tra le colline di cinque comuni dell’alto teramano, a ridosso dei confini con la regione Marche. Questa denominazione offre una gamma di vini che catturano l’essenza di un territorio ricco di tradizione e passione. In questo articolo, esploreremo le caratteristiche distintive di questi vini, dai vitigni dominanti alle pratiche di vinificazione e alle loro peculiari note organolettiche.

 

Territorio e Zona di produzione del Vino Controguerra DOC

L’area geografica vocata alla produzione del Vino DOC Controguerra è circoscritta in una fascia di territorio collinare a nord della provincia di Teramo. Presenta un’orografia ed una pedologia piuttosto omogenea caratterizzata da ampie colline a morfologia dolce di natura argillo-limosa con intercalazioni sabbiose che, grazie ad una buona esposizione, in particolare dei versanti a sud-est che si affacciano sulla Val Vibrata, alla buona ventilazione per la presenza da un lato del mare Adriatico e dall’altro del massiccio del Gran Sasso e dei Monti della Laga, all’assenza di ristagni idrici e di umidità determinano le migliori condizioni per la coltivazione dei diversi vitigni da cui si ottengono le varie tipologie dei Vini Controguerra.

La Zona di Produzione del Vino DOC Controguerra è localizzata in provincia di Teramo e comprende il territorio dei comuni di

  • Ancarano,
  • Colonnella,
  • Controguerra,
  • Corropoli
  • Torano Nuovo

 

Vino Controguerra DOC

 

L’anima dei vitigni

Nella Controguerra DOC, il Montepulciano è il re dei vitigni, protagonista indiscusso dei vini rossi, rosato, novello e passito rosso. Questo vitigno deve costituire almeno il 70% di queste varietà, contribuendo alla loro struttura e al loro carattere unico. Dall’altro lato, il vino bianco, il passito bianco e lo spumante sono basati sul vitigno Trebbiano (toscano e/o abruzzese), con la possibilità di aggiungere altri vitigni bianchi non aromatici coltivati in regione. Per i vini varietali, sia autoctoni che internazionali, è richiesto almeno l’85% del vitigno di riferimento, garantendo così una vera espressione delle uve.

 

Un Terroir diversificato

La Controguerra DOC è un luogo di eccezionale diversità viticola. Oltre al Montepulciano e al Trebbiano Abruzzese, troviamo una varietà di vitigni come la Passerina, il Pecorino, il Cabernet, il Merlot e altri ancora. Questi vitigni, coltivati grazie alle influenze ambientali e alle tradizionali pratiche viticole ed enologiche locali, conferiscono ai vini dell’area caratteristiche uniche. Il lungo invecchiamento dei passiti in caratelli di legno è solo uno degli esempi di queste pratiche che contribuiscono a creare vini ben strutturati ed eleganti.

 

Vinificazione di eccellenza

Le pratiche di vinificazione nella Controguerra DOC seguono metodi tradizionali consolidati. I vini fermi, sia rossi che bianchi, sono elaborati in base alla destinazione finale del prodotto. I vini passiti, invece, vengono ottenuti attraverso l’appassimento delle uve dopo la raccolta, garantendo una selezione accurata. I vini passiti, bianchi e rossi, possono ottenere la menzione “Annoso” se invecchiati per almeno 30 mesi in caratelli di legno. Gli spumanti metodo classico, invece, subiscono una rifermentazione in bottiglia e devono maturare sulle fecce per un periodo minimo di diciotto mesi, o ventiquattro mesi nel caso di spumanti millesimati. Il vino rosso riserva, infine, viene immesso al consumo dopo un invecchiamento di almeno 24 mesi, di cui 6 mesi in bottiglia.

 

Vinificazione e affinamento

Nelle fasi di vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti della zona atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche di qualità.

Le pratiche enologiche di vinificazione dei Vini DOC Controguerra prevedono, tra l’altro, che:

  • La resa massima dell’uva in vino non dovrà essere superiore al 70% per ciascuna tipologia di Vino Controguerra, eccetto le versioni passito la cui resa/vino è del 45%. Qualora tali parametri vengano superati entro il limite del 5%, l’eccedenza non potrà avere diritto alla DOCG. Oltre detti limiti decade il diritto alla DOCG per tutto il prodotto.
  • Nella designazione dei Vini DOC Controguerra può essere menzionata la dizione “Vigna” purchè sia seguita dal relativo toponimo e che siano rispettate determinate pratiche di vinificazione.
  • Le operazioni di vinificazione, spumantizzazione, appassimento, conservazione, affinamento ed imbottigliamento devono essere effettuate all’interno della zona di produzione al fine di preservare le peculiari caratteristiche dei prodotti, la loro reputazione e garantire l’origine.
  • I vini passiti sono ottenuti con l’appassimento delle uve dopo la raccolta, previa opportuna cernita. Il vino passito, sia bianco che rosso, se invecchiato per 30 mesi a decorrere dal 31 marzo dell’anno successivo alla vendemmia in caratelli di capacità massima di 500 litri, può portare in etichetta la menzione “Annoso”.
  • Per la elaborazione del “Controguerra” Spumante Metodo Classico può essere utilizzata esclusivamente la tecnica della rifermentazione in bottiglia. I vini spumanti metodo classico devono subire prima dell’immissione al consumo un periodo minimo di permanenza sulle fecce di diciotto mesi; per il millesimato il periodo minimo è di ventiquattro mesi.
  • Il vino “Controguerra” vino rosso riserva può essere immesso al consumo dopo un periodo di invecchiamento non inferiore a 24 mesi, di cui 6 mesi di affinamento in bottiglia.

 

Il Gusto dell’eccellenza

Dal punto di vista organolettico, il Vino Controguerra DOC offre una ricca esperienza sensoriale. I vini rossi presentano un colore rubino con sfumature violacee, con aromi che evolvono da vinosi a eterei con l’invecchiamento. Il sapore è asciutto, leggermente tannico e armonico. I vini bianchi, invece, sfoggiano un colore giallo paglierino con sentori floreali e fruttati, accompagnati da una struttura robusta e un’acidità vivace che conferisce freschezza ed eleganza. I passiti, sia bianchi che rossi, esibiscono caratteristiche uniche legate ai loro vitigni di base, mentre gli spumanti sorprendono con una perfetta acidità, perlage fine e persistente e profumi e sapori che riflettono la lunga rifermentazione in bottiglia.

 

Abbinamenti gastronomici con il Controguerra DOC

Il Controguerra Rosso si abbina bene

  • a formaggi vari come il pecorino di Farindola, di Atri e di Penne stagionati;
  • alla mortadellina di Campotosto e alla ventricina vastese;
  • alle minestre,
  • alla cacciagione e
  • alle carni rosse con tartufo.

Il Bianco si abbina

  • al brodetto pescarese,
  • a primi piatti della cucina locale,
  • scamorza appassita, pecorino fresco.

Il Passito si accompagna bene ai dessert e in particolare a mostaccioli, parrozzo e confetti di Sulmona.

 

Storia e Letteratura del Vino ControguerraDOC

La prima vera testimonianza storica sulla produzione enoica abruzzese, in particolare nell’area Aprutina, come ricorda Polibio, storico greco vissuto tra il 205 ed il 123 a.C., risale alle famose gesta di Annibale (216 a.C.) ed alla sua vittoria di Canne.

Il territorio citato da Polibio era proprio quello a ridosso dell’area Piceno-Aprutina ossia la parte nord dell’attuale provincia di Teramo che, sin da allora, era rinomata per la qualità dei suoi vini che “avevano guarito i feriti e rimesso in forze gli uomini”.

Dopo Polibio sono stati numerosi gli autori che nei loro scritti hanno descritto ed elogiato la vitivinicoltura della terra Aprutina. Ma accanto alle eloquenti parole di scrittori famosi, si affiancano anche quelle altrettanto chiare dell’avvocato Gian Francesco Nardi (1746-1813) che, nell’opera Saggi su l’Agricoltura Arti e Commercio della provincia di Teramo pubblicata nel 1789, a proposito della vitivinicoltura nel circondario teramano riferisce: “Noi tutto giorno attendiamo a coltivare le vigne. Elleno sono così feraci, che in alcuni anni restano invendemmiate per mancanza di vasi, che ne trattengano il liquore. Eppure ancora non sappiamo fare un buon vino, che compriamo dall’Estero, quando ce ne venga la voglia. Sono infinite le qualità delle nostre uve, si maturano perfettamente, e divengono dolcissime; ma ignoranti ed indolenti fino alla stupidezza ci è incognito fino il di loro nome vero”.

Ma grazie all’instancabile opera del senatore e ministro del Regno d’Italia Giuseppe Devincenzi (1846-1903) la viticoltura teramana si avviò ben presto verso un rapido rinnovamento che pose questo territorio tra i primi in Italia. Il Devincenzi, Ministro dell’Agricoltura Industria e Commercio dal 1871 al 1874 nonché Presidente della Società dei Viticoltori Italiani, costituita nel 1884, in un Indirizzo ai proprietari ed ai coltivatori del 1885 faceva importanti considerazioni sulla coltivazione e sulla qualità dei vini, indicando anche gli indirizzi agronomici ed enologici da prendere ad esempio per produrre buoni vini.

Accanto al senatore Devincenzi va giustamente evidenziato anche l’operato dell’avvocato Giuseppe Montori (1819-1899) che nel 1872, quando venne istituito a Teramo l’Istituto Tecnico ne fu il primo preside.

Un importante contributo alla conoscenza della viticoltura abruzzese di fine ‘800 ci viene anche dall’opera di Ottavi e Marescalchi dal titolo Vade-Mecum del commerciante di uve e di vini in Italia, i quali scrivevano che “In provincia di Teramo le uve predominanti erano il Trebbiano, la Malvasia, il Moscatello e la Greca, tra le bianche, il Montepulciano, il Montonico e il Sangiovese, tra le nere. La produzione totale era di 630.00 ettolitri di cui il 39% rosso ed il 61% bianco”.

Il lungo percorso storico che caratterizza la viticoltura dell’alto teramano ha trovato nel riconoscimento della DOC “Controguerra”, a metà degli anni ’90 del novecento, uno dei punti di maggiore qualificazione della produzione vinicola dell’area, considerata tra le migliori d’Abruzzo.